di Rosalba Branà, Direttrice della Fondazione Museo D’Arte Contemporanea Pino Pascali di Polignano a Mare
Uno strano rapporto lega Claudio Cusatelli alla città. Quando l’ho conosciuto negli anni ’90 era appena rientrato in Puglia proveniente da un’esperienza in una “comune agricola”in umbria. Una suggestiva tappa romana dedicata agli studi presso l’accademia di Belle Arti e poi il ritorno nella sua città, Bari, scegliendo di vivere in un piccolo studio sulla Muraglia circondato da venti e con vista totale sull’Adriatico. Ma appena comincia la “movida” Claudio scappa, trovando insopportabile questa finta rinascita del centro storico. Si trasferisce a sud di Bari, a Polignano, un luogo che gia frequentava per via delle sue partecipazioni ad alcune edizioni di “Ritorno al mare. Omaggio a Pino Pascali”. La sua casa-studio è tutt’ora nel vecchio frantoio dell’abbazia di San Vito, un ambiente unico e grande che, stranamente, assomiglia ad un loft neworkese. Proprio qui nasce la serie di quadri dedicata alla metropoli americana: forme ritagliate geometricamente a sé stanti, componibili e sovrapponibili. Nella sequenza dello sky-line di New York non vi sono presenze umane, l’artista si concentra nelle forme architettoniche tra astrattismo e geometrismo, le forme bi-dimensionali accentuano un rigore costruttivo ascensionale mentre, di contro, le superfici delle tele “graffite” dai colori a cera, seguono un andamento orizzontale.
Gia nelle teorie del Funzionalismo tra le due guerre, si dichiarava che l’Architettura era la nuova forma espressiva in cui tutte le arti si incontrano e si completano, ma Cusatelli nella machine à vivre continua ad escludere la presenza umana.
Anche le città asiatiche sono oggetto di indagine visiva per il nostro artista, che fugge dalle città,
ma le dipinge continuamente. Immagini di.Tokio o Hong Kong, solo luci e insegne Pubblicità, ideogrammi e Coca Cola: in un’opera compaiono tra grattacieli e colori sfavillanti un gruppo di pappagalli tropicali non vi è rapporto tra le parti se non quello puramente e volutamente cromatico.
Ma l’uomo non c’è.
Dobbiamo, per questo, arrivare alla sua ultima produzione per trovare “tracce umane”.
L’idea della città non viene abbandonata, anzi, Adesso si fonde con la presenza dell’uomo. Una città la cui trama urbana si confonde con la vita dell’uomo.
Le impronte digitali ingigantite e dai colori surreali spiazzanti sono di persone vere e che realmente esistono, riconoscibili fai nomi e dai cognomi che diventano i titoli dell’opere.
Tessuto carnale e tessuto urbano: su questo bi-polarismo si attesta l’assunto teorico della nuova serie Imprinting: la città come costruzione dell’uomo e la città come parte essenziale della vita dell’uomo.
L’impronta digitale ingrandita, tracciata dal graffio a cera su tela diventa una pianta urbana, un luogo abitato da un flusso vorticoso e vitale. Nell’Imprinting umano ingigantito sono immaginati percorsi esistenziali e brusche virate: l’impronta digitale diventa cosi un luogo abitato denso di rimandi e storie personali.
Oggi Claudio non ha dubbi. Pur vivendo uno stretto rapporto con il suo luogo d’elezione, l’Abbazia di San Vito a Polignano, ne rifugge i momenti legati all’inquinamento turistico e d’estate la sua isola dei segni e i suoi campi d’ispirazione sono altrove, più nascosti, nella masseria murgiana della sua compagna Baba, dove i tracciati urbani sono lontani e i segni del territorio il nostro artista li osserva nei solchi delle rugose mani dei contadini, e le principali impronte sono quelle lasciate dal passo pesante delle maestose mucche che ritornano al tramonto nelle loro dimore.
Ma non è assolutamente detto che Cusatelli si fermi in questo luogo bucolico e idilliaco, forse la sua prossima tappa, mentale o reale, potrebbe essere benissimo Dubai, città futuribile, o Saanà con il suo sky-line similea quello di New York ma di fango e terra, o altri luoghi che non ci e dato sapere.