Nel museo Pascali di Polignano l’intrigante «personale» di Claudio Cusatelli. Trame di colore graffito evocano avventure individuali e collettive.
di Pietro Marino
E’ una emersione importante da un lungo seppure operoso silenzio, la personale di Claudio Cusatelli nel Museo Pino Pascali a Polignano a Mare. Bene ha fatto la direttrice del Museo, Rosalba Branà, ad organizzarla, aldilà delle motivazioni di sodalizio nel gruppo Zelig e della comune scelta di vivere nell’abbazia di San Vito. La mostra infatti recupera la presenza pubblica dell’artista barese, ora che si avvia verso i fiorenti 50 anni, ad un livello di impegnata complessità. Attrae da sempre la tecnica di Cusatelli per la precaria eleganza: pastelli a cera di brillante timbro cromatico, da cui le immagini affiorano per raschiamenti, abrasioni, piccole ustioni. Una pittura, insomma «per via di levare». Ma l’inquieto décor dei graffiti è ora al servizio di intrighi concettuali. L’artista ingrandisce in pittura impronte delle sue dita o della mano (raramente di altri: vedi l’imprimitura delle labbra di Baba, la sua compagna) come tracce di identità attribuita a persone mai viste e conosciute, nomi estratti dall’anonimato casuale della cronaca.
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